mercoledì 25 marzo 2015

Pronti, parto e via



In questo marzo pieno di ricette di felicità, mi sembra doveroso dare spazio almeno con un post ad altri argomenti da lifestyle blog. Il tempo scarseggia e cerco di destreggiarmi con tanta buona volontà tra piaceri e doveri, in modo da avere un buon equlibrio. Scrivere è sempre un piacere, sia che lo faccia per lavoro oppure qui sul blog per condividere le ispirazioni del momento. A volte però essere mamme da poco può davvero farti mancare la terra sotto i piedi (e le ore di sonno).

Dall'estate scorsa, quando al quinto mese di gravidanza siamo stati into the wild e abbiamo visitato San Francisco e Salt Lake City, mancano le storie di viaggio da questo blog. L'ultima esplorazione in effetti è avvenuta dopo, con un pancione da otto mesi al seguito, a Cape Hatteras: un ritorno alle Outer Banks che avevamo già visitato, senza spingerci fino a questo lembo di terra del North Carolina. Una fuga romantica tinta dei colori del mare e della sabbia, che tanto mancano alla me siciliana. Un rifugio su una piccola capanna su palafitta, a misura di due persone più una in arrivo. Non è stato come in Messico a Tulum, con quell'acqua cristallina e le sabbie bianche, l'amaca con vista sull'oceano e l'avventura di una ragazza in viaggio da sola: è stato meglio. Con il mio Compagno di Viaggio e con la vita che mi cresceva dentro, è stata una piccola favola d'amore durata un weekend. Con le nostre albe e i nostri tramonti, i nostri abbracci e le passeggiate sulla spiaggia quando il sole non è troppo caldo, per non stancare il pancione.

Il sole sorge sull'oceano, Cape Hatteras
Il sole tramonta su Cape Hatteras (visto dalla capanna)
 
Io e il mio CV già da qualche settimana stiamo pensando alle prossime destinazioni con baby al seguito. Si parla di mete all'interno degli States, come viaggiatori e genitori in rodaggio: quelle ancora inesplorate oppure quelle visitate troppo tempo fa e con superficialità per poterci mettere la bandierina. Sarà di nuovo Texas? Oppure Chicago e i grandi laghi? Perché non on the road negli immensi spazi delle praterie?



Valuto le opzioni diversamente rispetto al periodo prenatal: è come se percepissi che adesso il baby è fuori da me, sempre nel mio campo energetico, ma ha tutto quello che è indipendente abbastanza per esprimere la sua opinione. No, mamma, questo mi stancherebbe. Papà, preferisco camminare nel carrier nella natura. Meglio in città, dove posso trovare riparo più facilmente, come prima volta tanto lontano da casa. L'aereo? Non è che alle mie piccole orecchie piaccia tanto l'idea.

Probabilmente è tutta una mia proiezione, le tipiche e banali ansie da nuova mamma. Questo viaggio, a maggior ragione, ci vuole come il pane: bisogna fare l'esperienza per capire. Per noi genitori sarà un'altra opportunità di crescita, trasformazione, rinascita. Perché così intendiamo il viaggio: essere la guida di se stessi e quindi un esempio per il baby, senza aspettative e pretese. Un faro, un insegnante, come suggerisce il nostro amato yoga. Viaggiatori ed esploratori della vita. Certo, il baby è ancora piccolo, ma non è mai troppo presto per iniziare a viaggiare.


Cape Hatteras Lighthouse

Una delle cose che avere un baby mi ha insegnato: surrender. Arrenditi e segui il flusso della vita con naturalezza, scoprendo che hai la forza di sostenere qualunque cosa anche quando ti sembra impossibile. Lo dicevo sempre insegnando le classi di yoga senza averlo mai capito così fino in fondo come adesso: da mamma ho fatto e continuo a fare ogni giorno un'esperienza completa e inequivocabile della Shakti (in yoga, Shakti è l'energia cosmica, il potere creativo primordiale: ne riparleremo più nei dettagli nel prossimo post).
Oggi però, in attesa del prossimo volo (oppure macchina a noleggio), voglio parlarvi del viaggio che ha portato a destinazione il baby. Pronti e via, più che della partenza oggi vi parlo del parto. Un viaggio itself.

In effetti non si può raccontare ogni emozione, ogni sfumatura, è un'esperienza soggettiva, un miracolo che si svolge in modo diverso per ogni donna. Posso però raccontarvi delle mie scelte e di come affidarsi a Madre Natura sia stata per me un'ispirazione che mi ha regalato la più autentica e dolce esperienza del miracolo della nascita.

Come già avevo accennato in un altro post qualche mese fa, ho scelto di partorire in casa, senza farmaci e interventi medici non necessari. Quando sei incinta e lo dici in giro, la maggior parte delle persone alzano le sopracciglia, fanno la bocca ad O, strabuzzano gli occhi, ti dicono che sei coraggiosa (ma intendono dire che sei pazza e glielo leggi in faccia), ti invitano a riflettere su tutte le possibili conseguenze (e intendono morte, disgrazia, malattia e altre cose di questo tipo) e, se nel migliore dei casi non ti dicono nulla, ti prendono per un'irreponsabile figlia dei fiori che è maniaca, fissata, tutta peace&love e non sa quello che sta facendo.

Ecco, niente di tutto questo. Sarò anche a favore sia della peace che del love, ma partorire in casa è una scelta razionale, monitorata, responsabile. Rinunci a farmaci e interventi innaturali (che è cosa buona sia per te che per il bimbo) e conti su un'intimità indescrivibile. Ovviamente sei seguita e nessuna brava ostetrica o levatrice te lo lascia fare se la tua salute non è perfetta e non c'è alcun rischio di complicazioni per mamma e bambino. Le statistiche del birth center a cui mi sono affidata parlano chiaro: solo circa il 3% delle donne finisce da casa in ospedale per emergenze impreviste e imprevedibili. Molte di più ci finiscono non per necessità, ma perché si arrendono e vogliono farmaci antidolore oppure il travaglio è stato così lungo che sono sfinite. Ci sono libri e libri che ne parlano e io e il papà abbiamo letto, ma questo non è l'articolo che scriverei per una rivista, qui voglio parlarvi delle mie emozioni, della mia esperienza.



Ho avuto una gravidanza perfetta, un'esperienza di parto naturale meravigliosa e un post-partum da metterci la firma. Niente gonfiori in gravidanza, solo il pancione; nessuna smagliatura della pelle, nessun chilo di troppo e la pancia di nuovo piattissima dopo il parto. Il baby mi ha solo reso più bella e consapevole. Come è successo?

Sarà anche un po' costituzione e dea bendata, ma queste erano le mie abitudini da donna incinta:

Lunghissime camminate quasi ogni giorno (4 miglia o più) per tutta la gravidanza
Yoga prenatal (che ve lo dico a fare!)
Più di due litri di acqua al giorno
Cibo sano, biologico e variegato (sono vegetariana e devo dire che la mia alimentazione era già così): farine solo integrali, frutta e verdura (ad eccezione di broccoli, cavolfiori e asparagi che tanto mi piacciono di solito ma proprio non potevo neanche sentirne l'odore!), tante proteine (importanti per il parto, per la tonicità muscolare, e per formare i muscoli del baby) da legumi, semi e (pochi) latticini; omega 3 da semi e oli spremuti a freddo
Cibi coccola (perché sarò anche salutista e vegetariana ma l'umore è importante!): cioccolata fondente quanto basta (ottima per il ferro, ma contiene un po' di caffeina perciò meglio non eccedere) e dolcetti qui e là

Tante altre coccole per l'umore grazie al marito più premuroso del mondo, i suoi massaggi della sera, i bagni caldi ma non troppo e l'olio di mandorle. Sì, perché ho steso fiumi e fiumi di puro olio di mandorle dolci mattina e sera, due volte al giorno, su tutto il corpo escluso lì dove il baby si sarebbe attaccato per il latte (è sconsigliabile ammorbidire troppo quella zona...!). Solo olio di mandorle dolci, non c'è bisogno di comprare tutte quelle creme chimiche o pseudo-naturali che contengono ventimila ingredienti: un solo ingrediente. Come dicono qui negli US: less is more.
Dopo la gravidanza invece ho aggiunto gli amati oli essenziali. Solo dopo, però: meglio non usare gli oli essenziali in gravidanza se non si è sicuri dell'effetto che possono avere sul bambino.

Ricetta di un olio per il corpo elasticizzante, drenante e curativo
 
3 gocce olio essenziale incenso
3 gocce o.e. mandarino
3 gocce o.e. arancio dolce
3 gocce o.e. limone
in 200 ml di olio di mandorle dolci

Perfetto per guarire sia le cicatrici del corpo che quelle dell'anima: l'olio essenziale di incenso è ottimo per prevenire le smagliature e cucare altre cicatrici della pelle (l'incenso è una resina!), gli agrumi sono solari e hanno note di testa che mettono di buon umore, il mandarino contrasta la ritenzione idrica, l'arancio è purificante e contro la cellulite (se preferite usare arancio amaro, meglio ancora, è più efficace di quello dolce), il limone è tonificante e guarisce dall'ansia.
Quando lo applicate sul corpo, lasciate che il profumo vi sollevi il morale e visualizzate i tessuti danneggiati ricomporsi e quelli in salute mantenere tono ed elasticità.

Immagine scaricata da Internet

Ora, è andato tutto alla perfezione perché così Dio ha voluto, non per le mie scelte: il parto è imprevedibile e si può controllare solo fino a un certo punto. Sono stata fortunata e benedetta, ma anche bene assistita dal mio Compagno di Viaggio e da due midwives bravissime, Kelly e Claudia. Sì, ho partorito in inglese. Credetemi, non è perché io parlavo già inglese da prima, è che in quei momenti si parlano tutte le lingue.

Tutto il travaglio (dodici ore in totale, se si escludono i tre giorni prima di travaglio prodromico, vale a dire contrazioni che sono vere e dolorose ma lente lente lente lente lente...non capita a tutte, ho voluto essere speciale!) è stato un mix di respiro, abbracci, nutrimento. Dalle coccole fra le braccia del mio CV, nella vasca da bagno insieme, alle parole di queste due donne meravigliose che sono state forti e gentili, facendomi sentire accudita e al sicuro.

In poche parole, è stata una meditazione prolungata, una classe di yoga durissima di quelle che ti lasciano gli insegnamenti più profondi e ti trasformano in meglio, portando la rinascita dalle ceneri, dal sangue, dal sudore.
Tanto yoga nell'esperienza. Le contrazioni sono state come dovevano essere, dolorose. Il dolore nel parto è funzionale, insegna come non devi lottare ma lasciare andare, andando al ritmo della vita, non sei tu che decidi.

Non sono state le contrazioni la parte più dura per me, neanche durante la fase più difficile, la famigerata transizione tra gli otto e i dieci centimetri. La parte più tosta è stata quella delle spinte, è durata due ore e mezzo. Pensavo che sarei morta, non ce l'avrei mai fatta, sarei rimasta lì col baby dentro, che male c'è? Ciao.
Ricordo le midwives che mi guardavano fisso negli occhi, il mio CV che mi abbracciava e accarezzava (con me sul lettone, reggendomi e avvolgendomi alle mie spalle), tutti che mi dicevano quanto fossi stata brava e che mancava poco per abbracciare il mio baby.

Mi ha aiutato uno specchio, mi ha fatto vedere la testa del mio piccolo, i suoi capelli bagnati di fluidi di vita. Forse, in effetti, ho visto me stessa, il mio riflesso di donna, la forza e la grazia di cui siamo capaci. La vita. Ho realizzato dov'ero, cosa stavo facendo, il senso di tutto. Perché questo è stato sempre il mio limite: risparmio energetico. Se non devo salvare il mondo non mi sforzo. Solo che presto capisci che il mondo non va salvato, è lì per te, per goderne, per camminare e ancora meglio se hai la mano in quella di qualcun altro. Perciò io ho spinto, per prendere anche quella manina.

Baby subito sulla mia pancia, il mio CV ancora lì alle mie spalle avvolgendomi, la sua mano su quel corpicino che ha appena fatto il suo primo respiro. L'intimità del momento, durato tutto il tempo che abbiamo voluto, il miracolo di questa creatura che sa bene dove andare per nutrirsi, sentirlo al mio seno cercare la vita e dargliela con tutto l'amore che si può. In un lunghissimo attimo lui era nato, ma io ero rinata.

Partire e partorire: due lettere di differenza, una sola parola. Nascita. Io e il CV parliamo di dove portarci in viaggio con il baby al seguito, ma il baby la sa più lunga di noi: lui ha insegnato a noi lo yoga. Il miracolo della vita, la bellezza di passare attraverso tutto il dolore che l'esperienza ci porta, per meravigliarsi ancora, sempre, una volta di più. In un attimo, in un respiro, in un vagito. Sei vivo. Pronti, parto e via: ovunque andiamo nel mondo, sono i passi a scandire il tempo. E la vita, prima della prossima (ri)nascita.

Cape Hatteras National Seashore

martedì 17 marzo 2015

Curry e l'Italy che non c'è



C'era una volta una ragazza che tutti dicevano venire dall'India. In effetti i suoi lineamenti e colori suggerivano questo e, per di più, praticare e insegnare yoga sembrava confermare l'origine asiatica. Lei però indiana non era, almeno non in questa vita. Italiana, lo stivale comunque le andava stretto. Aveva voglia di camminare a piedi nudi, di esplorare il mondo, viaggiare tutto intorno e ritorno e poi ricominciare. Un bel giorno si ritrovò negli Stati Uniti e portò lì con sé la propria casa, perché la casa è dove ti porta il cuore, cioè sempre con te stesso. E, nel suo caso, anche con il compagno di viaggio che l'aveva scelta e che lei aveva scelto.

Devo continuare? Ormai avete capito di chi sto parlando. Non avete ancora capito però perché ve lo sto dicendo, per iniziare un post che figurerà nella pagina ricette di felicità di questo blog. Ora ve lo spiego.
C'era una volta, ho cominciato dicendo, perché in effetti una volta c'era l'Italia e la burrata che compravi al supermercato o nelle drogherie. Ora invece ci sono gli States: 1. Se gli dici drogheria ti mandano in farmacia: drugstore significa farmacia e comunque loro sono fissati con le medicine, qualunque minimo disturbo e ti danno la morfina; 2. Se vai nel grocery store (questa volta ci siamo, è quello giusto!) e chiedi della burrata ti guardano con tanto d'occhi e, se sei fortunato e ce l'hanno, leggi sull'etichetta Belgioioso. Bello, ti dici. Ti suona, l'hai già sentito. Non è quello che pensi, però: made in the US sta scritto dietro in piccolo.

Questa è la storia di Curry, la burrata e i ricordi dell'Italia e dell'infanzia racchiusi in una bowl di crema di carote.
Ringrazio Claudia La Femme du Chef per questa ricetta così ricca e semplice al tempo stesso. Non solo perché è una delle mie food blogger preferite, ma anche per regalarmi quel senso di conforto che si prova quando conosci una persona da una vita. Anche se non vi vedete mai e a stento riuscite a comunicare per via della mancanza di tempo e della vita che sta in mezzo. D'altronde c'è da aspettarselo da una donna che va pazza per il burro (e, si potrebbe azzardare, per la burrata?). Trovate in questo post sul suo blog la ricetta originale: io non l'ho cambiata di una virgola (è sana e gustosa come piace in famiglia), ma lì potete sempre leggere anche la sua storia di questa zuppa e, per esperienza diretta, posso dire che vale sempre la pena.



Crema di carote al curry e la meditazione per ricordare se stessi

Ingredienti

400g carote
1 cipolla gialla
1 cucchiaino da té di Curry (i ricordi volano inevitabilmente in India)
1 cucchiaio da tavola di latte (facoltativo)
olio evo q.b.
sale q.b.
1 burrata piccola (made either in the US or in Italy, non importa. Semmai importata.)

Procedimento: ad ogni passaggio della ricetta corrisponde parte della meditazione.

Se avete domande,  qui ci sono alcuni consigli su come usare le ricette di felicità in questo blog.

Lavate e mondate le carote e la cipolla, tagliatele a pezzetti e mettetele in una casseruola coprendo a filo con acqua.
Sentite il suolo sotto i piedi e collegatevi alla Terra. Da lì sono venute quelle carote e quella cipolla, da lì venite anche voi, frutti che avete messo radice, siete cresciuti e sbocciati con i vostri colori, odori, sapori. Connettetevi alle vostre caratteristiche mentre continuate ad occuparvi di carote e cipolla con delicatezza, lentamente: siete arancioni? Siete dolci? Avete fatto piangere qualcuno? Siete sensibili? Siete coriacei oppure avete mille veli che prima o poi, col tempo, togliete? State piangendo per la cipolla oppure per altro? Realizzate che, qualunque cosa sia, passerà, è solo un momento. Lasciate che gli occhi vi pizzichino. Apprezzate qualunque nota di carattere che vi riguardi arrivi alla mente, accettate tutto, qualunque sia la verità. Siete voi con voi stessi, state cercando il vostro Sè più profondo, quello delle origini, quello originale. Nessuno è sbagliato, nessuno è perfetto: si è quel che si è. Ricordatevene mentre coprite le carote e la cipolla con l'acqua. Sentite di nutrire voi stessi, la vostra autostima con quell'acqua.

Fate cuocere per una ventina di minuti, fino a quando le carote non saranno tenere.
Sedete a terra a gambe incrociate a piedi nudi, oppure con la schiena dritta su una sedia e le piante dei piedi che toccano il pavimento. Mettete le mani sul cuore, una sopra l'altra, e chiudete gli occhi. Per tutti i venti minuti restate lì semplicemente, sentendo il battito del vostro cuore contro le mani, il bollore dell'acqua in sottofondo e il profumo dolce e intenso degli ingredienti sul fuoco.

Frullate il tutto, aggiungete il curry e regolate di sale.
Questo è il momento della verità: se pensavate di essere dolci, considerate di poter essere piccanti o speziati. E viceversa. Se pensavate di essere insipidi, aggiustate di sale. Mischiate tutto, ogni opposto, contraddizione, polarità, e concedetevi il caos della creatività per potere fare ordine davvero. Osservate il tutto frullare e partecipate anche voi: tutto ricreato e co-creato. Siete voi i vostri stessi creatori, siete voi a decidere chi volete essere, perché conoscete gli ingredienti in quel caos. 

Rimettete poi sul fuoco per altri cinque minuti circa, aggiungendo eventualmente anche il latte, finché la crema non sarà densa e omogenea.
Per questi cinque minuti, recitate il mantra SAT NAM: significa "la verità è la mia identità". Fate in modo di cantare la vocale "A" di "Sat" più a lungo (Sat significa vero/verità): prendete un bel respiro e lasciate uscire il suono dal cuore per la durata dell'intera espirazione e sappiate che quel suono davvero è in grado di aprirlo, il cuore. Le A nei mantra fanno questo. Cantate dal cuore per cinque minuti, qualunque cosa stia succedendo: mescolando la crema di carote, aggiungendo il latte o meno, con gli occhi aperti o chiusi, non importa. Concentratevi sul cuore e sul suono che state producendo.

Servite con qualche straccetto di burrata e un filo d'olio extravergine di oliva, accompagnando con crostini di pane casareccio.
Ah, la burrata, quella morbidezza creativa che corona il vostro essere. Visualizzate quel bianco morbido in cima alla vostra testa, perfetta conclusione per i vostri ingredienti, elemento che li connette e indirizza all'unicità e all'armonia.
Ah, quel perfetto filo d'olio dorato che sigilla la vostra ricetta. Il vostro fil d'or che suggerisce quanto siete perfetti così come siete. Visualizzatelo dentro di voi, partendo dal cuore un filo dorato che si congiunge alla cima della testa con la burrata e oltre, verso l'alto.
Assaggiate la crema, godete di quella lieve sensazione speziata e sfidante, smorzata in modo perfetto dalla dolcezza e accoglienza della burrata.
Ricordate chi siete, mentre mangiate. Mettete insieme tutti i pezzi del puzzle: in quale parte del mondo siete nati, dove siete cresciuti, in quale luogo avete scelto di abitare o siete capitati. Ecco la visione d'insieme: se stessi si è nel cuore.


giovedì 12 marzo 2015

Soli, come quando la neve si sciolse

Ci siete cascati? Questo post non parla di solitudine, anzi. Si ispira ai primi passi della primavera, a una giornata di sole che mi è stata regalata e ha sciolto quasi tutta la neve di questa Old Town in cui vivo, nei pressi di Washington DC.

Forse è ancora presto per dirlo, visto che i passati inverni americani mi hanno dimostrato che solo nel periodo del cherry blossom qui si può parlare di primavera, con temperature più umane. Certo, questo è sempre il punto di vista di una siciliana, una che nel sangue ha il meteo del sud. Ad ogni modo, questi tiepidi raggi di sole mi hanno fatto uscire dalla tana con il piacere di fare una passeggiata, senza temere di ibernare me e il mio piccolo nuovo viaggiatore.



Complice questo sole inaspettato e le maggiori ore di luce (qui in America il cambio dell'ora scatta sempre prima che in Italia), la creatività mi porta di nuovo in cucina per una ricetta di felicità. Questa volta si parla inevitabilmente di radianza.

Secondo il Kundalini Yoga, non esiste solo un corpo fisico. Di corpi ce ne sono ben dieci e, se quello fisico lo possiamo percepire con i sensi più facilmente, gli altri sono più sottili, meno evidenti. Fanno parte di questi corpi la mente, l'anima, l'aura (chi non ha familiarità con lo yoga qui legga: campo elettromagnetico intorno al corpo), per fare solo alcuni esempi. La radianza è il decimo corpo e consiste nei raggi di luce che costituiscono l'aura di una persona. Più forte è la radianza, maggiore è l'intensità dei raggi, più la persona è luminosa, radiosa appunto, e carismatica. Il decimo corpo infatti ha a che fare con il coraggio, la regalità e la leadership. Yogi Bhajan diceva: "Non è importante cosa fai e dici, ma quanto sei radiante". Questo perché un corpo radiante forte attrae naturalmente gli altri, le opportunità e il successo, portando conforto e neutralizzando le paure.

Siete pronti a brillare? Andiamo in cucina con la voglia di macine con la panna.
Qui in America il noto brand del mulino non si trova così facilmente. Nonostante in questo blog si segua uno stile di vita sano e di conseguenza si sceglie anche il cibo, questa volta era proprio il caso di festeggiare. Pazienza, basterà non esagerare: anche solo uno di questi biscotti stampano il sorriso in faccia.



Ricetta di felicità: macine di sole e meditazione per irradiare luce

Sono proprio loro! Rotonde, pannose, da inzuppare nel latte. La ricetta l'ho presa da Internet, è quella riportata sul pacco di Macine del brand. Io ho fatto giusto un ritocchino, sostituendo il burro con il ghi, per sommare meno lattosio sul totale. Prepararle fresche a casa non ha prezzo: il profumo che si sparge in tutte le stanze vorresti non andasse più via.

Ingredienti per circa 30 biscotti

500g farina 00
150g zucchero di canna
200g ghi (burro chiarificato)
1 cucchiaio di lievito per dolci
1 uovo
50g panna liquida
10 gocce di aroma vaniglia

Mettete la panna in un bicchiere e aggiungete le gocce di vaniglia. Impastate tutti gli ingredienti e formate una palla elastica che avvolgerete nella pellicola trasparente e riporrete in frigo per almeno mezz'ora. Io ho aggiunto un pochino di latte all'impasto perché si sbriciolava.
Togliete dal frigo e stendete la pasta in modo che sia bella alta, circa 1 cm. Con gli stampini circolari ricavate le macine: per il buco al centro io ho usato il beccuccio di un sac à poche.
Eccole qui sotto, pronte per essere infornate a 170/180° per 10/15 minuti.




La meditazione che segue è, come sempre per le mie ricette di felicità, puro frutto della creatività che mi sorprende in cucina. Dal Kundalini Yoga viene invece il mantra che vi consiglierei di associare, ANG SANG WAHE GURU: potete sentirlo in sottofondo durante la meditazione, oppure cantarlo in qualunque momento della giornata voleste sentirvi più luminosi. Il mantra significa: L'infinito è con me e vibra in ogni cellula del mio corpo. Qui la bellissima versione musicale dei Mirabai Ceiba.

Vi consiglio di provare questa meditazione di giorno, con la luce del sole. Prendetevela comoda, fate lunghe pause fra una visualizzazione e l'altra, seguendo il ritmo dei paragrafi che seguono. Contate di trascorrere almeno dieci minuti in totale per meditare.

Mettete un bicchiere pieno di latte di fronte a voi. Prendete una macina e tenetela in mano a distanza di circa trenta centimentri dal volto, in modo da poter vedere il bicchiere di latte attraverso il buco al centro.

Osservate i contorni e i solchi irregolari della macina, sentite il profumo fragrante e pannoso della frolla, la consistenza piena e circolare del biscotto. 

Focalizzatevi ora sul buco al centro e scorgete il bicchiere di latte, in modo da vederne solo il contenuto bianco, liscio, chiaro. Concentratevi su quel candore. Quel buco è l'occhio da cui osservare voi stessi. Puri, innocenti, bambini che giocano e riescono a prendersi un po' in giro. Anzi, in girotondo. Come la forma delle macine, come un biscotto perfetto, chiaro e fragrante, dolce e godurioso.

La macina è diventata ora un sole, una massa di luce intorno a quel buco. Questa luce vi circonda, proprio come circonda il latte nel bicchiere. Una luce brillante, gloriosa e dorata. In grado di neutralizzare qualunque negatività e attirare solo ogni bene.

Chiudete gli occhi e mangiate la macina, anzi, il sole. Piano, dolcemente. Un morso dopo l'altro, quella sensazione di calore e sapore pannoso persistente in bocca si espande, tutt'intorno a voi.
Non siete più soli, siete soli. Siete i soli a poter risplendere da dentro di voi.




lunedì 9 marzo 2015

Sorridi, ci sono Yin e Yang

Sapevate che i neonati iniziano a vedere le immagini per contrasto? Sono attirati dai colori molto accesi e alternati, dai bianchi e i neri ravvicinati, da strisce, quadretti e pois. Lo sa bene il piccolo di casa, questo batuffolo che ci è capitato in viaggio e se la ride ogni volta che gli mostro i quadri di Mirò dipinti dalla nonna.

Da lui ispirata, come spesso è successo nei miei ultimi e i suoi primi tre mesi e mezzo di vita, ho associato con facilità una nuova meditazione alla creatività in cucina. Perciò ecco a voi un'altra ricetta di felicità, caratterizzata dai contrasti che ci sono indispensabili per la pace interiore. Io ci sto lavorando particolarmente in questi giorni di gelo americano, in cui persino le bandiere si paralizzano sotto la neve.


La neutralità per definizione sta nel mezzo, a metà tra il bianco e il nero, il dolce e l'amaro. Da quel punto di equilibrio si sorride di più.
Cos'è yin e cosa è yang? A parte i nomi perfetti per due gatti siamesi, si tratta letteralmente in cinese del "nero, o lato in ombra della collina" (yin) e il "bianco, o lato soleggiato della collina". Secondo la medicina cinese tradizionale, insomma, il concetto di yin e yang corrisponde all'alternarsi continuo del giorno e della notte e dunque a tutte le funzioni ad essi rispettivamente correlate. Tra queste che sembrano due polarità distinte e separate, c'è un'armonia di fondo: un po' come i poli energetici positivo e negativo, opposti ma continuamente in attrazione. Io per esempio ho sempre pensato al sole e alla luna, rispettivi sovrani del cielo di giorno e del cielo di notte, come a due amanti che si cercano in continuazione senza mai toccarsi ma pur sempre in simbiosi.
Lasciamo la neve fuori dalla finestra del terrazzino e andiamo in cucina, per trovare la pace interiore equilibrando yin e yang. Va da sé che questa è la volta del latte e cacao.



Crostata al cacao con crema di latte e gocce di cioccolato fondente e una meditazione per l'equilibrio.

Leggete qui il procedimento per la pasta frolla, ma aggiungete due cucchiai abbondanti di cacao amaro per questa crostata: non vogliamo sbilanciarci esagerando con lo yang. Una volta cotta la base di cacao, lasciate raffreddare mentre preparate la crema.

Per la crema di latte: 3 cucchiai di amido, 3 cucchiai di zucchero di canna, 1/2 litro di latte. Setacciate in una ciotola l'amido e lo zucchero. Scaldate il latte in un pentolino (senza farlo bollire) e aggiungetelo a filo all'amido zuccherato, mescolando con una frusta per evitare di formare grumi. Riversate nel pentolino su fuoco lento e portate a ebollizione sempre mescolando, fin quando la crema non si addenserà.
Mettete la crema di latte ancora calda sulla base di crostata al cacao e lasciate raffreddare completamente. Solo allora mettete le gocce di cioccolato fondente sulla superficie di crema al latte. Riponete in frigo per almeno mezz'ora e predisponetevi per meditare nel frattempo. Quando togliete la crostata dal frigo, meditate così prima di assaporarla.

Chiudete gli occhi, cominciando ad allungare il respiro. Guardate il buio sulle palpebre, andando dentro voi stessi.
Yin e Yang, nero e bianco. Visualizzate l'incontro di questi opposti, usando gli ingredienti con cui avete appena lavorato, di cui avete appena sentito il profumo: usate la dolcezza confortante del latte, il candore della crema, per riempire i vuoti, i silenzi, il nero del cacao che la circondano. Visualizzate le gocce di cioccolato fondente, accettandone la pesantezza su quella bianca innocenza, come un contrasto inevitabile per essere completi.

Sentite quel contrasto nei colori, il bianco e il nero, e nel sapore fra l'intensità sofisticata del cacao amaro e del cioccolato fondente rispetto alla dolcezza semplice del latte. Sentitelo in bocca.
Lasciatevi coccolare dalla bianca voluttuosità della crema e affidatevi a quelle basi solide di cacao, perché se è vero che da piccolini viviamo di latte e siamo felici così, nel corso della vita ci serve un paracadute con cui atterrare, pur mantenendo quella innocenza e voglia di giocare. 

Con gli occhi ancora chiusi, visualizzate voi stessi meditare davanti alla crostata. Immaginate di far scorrere un dito sulla sua base. Ne apprezzate le rocciosità grossolane, il perimetro irregolare che racchiude il vostro bianco nutrimento. State esplorando la superficie con le dita, ne sentite la ruvidità sotto i polpastrelli. Vi abituate alla sensazione e, quando sentite di volere andare oltre, vi allontanate giusto quanto basta per osservare le gocce sopra la crema di latte. Potete scorgere l'ombra che le gocce proiettano sulla crema: dove il nero finisce, il bianco comincia; dove il bianco finisce, il nero ricomincia. E così via, in un'onda continua di bianchi e neri, in un flusso perfetto e sincronizzato. Sentitelo scorrere dentro di voi, bianco e nero, nero e bianco. Luci e ombre. Maschile e femminile. Giorno e notte. Sole e luna. Tutto è in voi compreso, tutto è equlibrato. Indulgete qualche minuto in questa consapevolezza. Lasciate che i pensieri che arrivano scorrano anch'essi in spirali di bianco e nero, a seconda delle sensazioni che ad essi associate. Maggiore il contrasto, più largo il sorriso: fatelo, fisicamente, alzate gli angoli della bocca verso gli occhi. Sorridete di fronte alle vostre discrepanze interiori.

Aprite delicatamente gli occhi ora e guardate la crostata.



Siete pronti per l'assaggio: lasciate che le sensazioni vi giungano come nuove. Provate ad assaporare la vostra crostata tenendo gli occhi chiusi, se possibile. Sentite la durezza e amarezza della base, smorzata dalla morbida dolcezza della crema di latte, per tornare alla croccante e fondente sensazione delle gocce di cioccolato, e ritorno. Equilibrio perfetto nel vostro palato, sulla lingua. Incorporate in voi sia quella leggera durezza che quella tenera dolcezza. Sentitevi rinascere, in questo abbraccio perfetto, in questo equilibrio di bianchi e neri, in quella ricettività yin, sexy come il cioccolato, e nella forte luminosità yang che ci avvolge come latte sin dall'infanzia. 

Sorridete.